“GEN-Z”: ragazze e ragazzi protagonisti, è stata davvero una bella festa!

Una gran bella giornata. Per la pioggia che, docile e complice, si è fatta quasi silenziosamente da parte, per i sorrisi e la gioia degli ospiti, ragazze (più numerose) e ragazzi che, superata l’iniziale timidezza, si sono presi la scena e hanno ricevuto applausi a scena aperta.

L’inaugurazione di “GEN-Z”, a Villa Messerotti-Benvenuti, è stata la loro festa. Davanti alle autorità, a famiglie e amici, a giornalisti discreti, a una platea coinvolta e partecipe.

Bravissimi tutti: chi ha creato i lavori della mostra “Astrarte”, chi ha recitato nella performance teatrale “L’unico suono è un sussurro”, diretta con passione da Francesca Iacoviello, i tanti che nel pomeriggio hanno cantato con lo scatenato NeVRuZ.

“GEN-Z”, la Comunità semi-residenziale del Gruppo CEIS – la prima in Emilia-Romagna – per minorenni e giovani adulti opera dal 29 novembre scorso. Ad oggi ha avuto in carico 38 ospiti: 33 stanno ancora frequentando il Centro e 5 sono stati già dimessi in accordo con il Servizio di Neuropsichiatria.

Come ha ricordato Padre Giuliano Stenico, presidente Fondazione CEIS, nel corso della cerimonia inaugurale, “GEN-Z risponde a un’emergenza crescente che coinvolge soprattutto minori con problematiche psico-patologiche che non hanno luoghi appropriati dove essere affidati e sostenuti per superare le loro difficoltà. Grazie a una fortissima collaborazione con l’Ausl abbiamo dunque avviato questa esperienza particolare di Comunità che, rispetto ad altre, ha tra i suoi obiettivi prevalenti il reinserimento scolastico e la ricostruzione di relazioni, attraverso anche il forte coinvolgimento delle famiglie e dei volontari”.

Il dottor Fabrizio Starace, Direttore del Dipartimento di Salute Mentale, ha così concluso: “I problemi emotivi e comportamentali di adolescenti e giovani trovano in GEN-Z una risposta che risponde ai principi della non medicalizzazione del disagio, del contenimento relazionale, dell’intervento psicosociale, della permeabilità alla comunità di riferimento. I ragazzi e le loro famiglie possono in questo modo apprendere dalle difficoltà ed uscire rafforzati dall’esperienza di sofferenza”.

 

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