Giornata mondiale contro la droga. Padre Giuliano Stenico: “Prevenzione è costruire reti educanti efficaci”

Il 26 giugno si celebra la “Giornata mondiale contro l’abuso e il traffico illecito di droga”, istituita dall’Onu. Il tema di quest’anno è: “L’evidenza parla chiaro: investire in prevenzione”.

“Un tema fondamentale per la FICT che opera con i suoi 600 servizi sui territori con un lavoro costante e quotidiano e che ha raggiunto, nelle scuole, nei centri di ascolto, nelle aree di aggregazione giovanile, solo nell’anno 2023, quasi 55mila. persone, di cui oltre 45mila minori – afferma Luciano Squillaci, Presidente della Federazione Italiana Comunità Terapeutiche. Viviamo un’epoca storica complessa che ci porta ad incontrare ogni giorno problematicità e vulnerabilità che non sono paragonabili al passato. La globalizzazione e la connettività costante hanno di fatto amplificato le fragilità, nel puerile tentativo di negarle, togliendogli ogni significato umano e rendendole debolezze da nascondere. Sono anni che parliamo di povertà educativa, di comunità educante, di prevenzione, di giovani, ma ancora non siamo riusciti a realizzare il vero salto culturale necessario per approcciarci come sistema alla complessità moderna. Prevenzione non è solo uno strumento, una parola, una corretta informazione su ciò che fa bene o fa male, ma dovrebbe essere declinata come percorso educativo strutturato, per promuovere la cultura del benessere e della salute. La droga non rende solo dipendenti, ma uccide il corpo, la mente, l’anima, l’identità”.

Padre Giuliano Stenico, presidente della Fondazione CEIS: “Siamo convinti, operando sul disagio, che occorra anzitutto promuovere l’agio. Abbiamo attuato perciò in tutti questi anni un approccio preventivo di tipo promozionale, che implica lo sviluppo delle competenze dei soggetti, un impegno per il cambiamento sociale e la creazione di un ambiente preventivo. L’idea di fondo è sempre quella: accrescere i fattori di protezione, tra i quali uno dei più importanti è proprio la creazione di contesti educativi atti alla crescita, al recupero o alla costruzione di reti sociali positive. Ne ero convinto allora, quando all’inizio degli anni Ottanta avviammo il CEIS per affrontare la sfida delle tossicodipendenze, lo sono ancora di più oggi.”

“A livello mediatico – sottolinea Squillaci – sembra quasi che il problema non esista più: non si parla di droga, non si parla più di problemi correlati alle dipendenze, sembra quasi che non si muoia neanche più di overdose. Invece, nel 2022, sono stati 298 i decessi per overdose da sostanze stupefacenti. Ed il trend di consumo è in continuo aumento, soprattutto tra i giovani. Secondo il rapporto Espad 2023, in Italia, il 28% dei ragazzi tra i 15 e i 19 anni usa o ha usato sostanze stupefacenti: nel 2021 era poco più del 18%. Il primo uso avviene solitamente tra i 13 ed i 17 anni (nel 2020 era tra il 14 ed i 18). Aumenta la percentuale di coloro che l’hanno utilizzata per la prima volta a 14 anni o meno, dato che passa dal 27% (2018) al 33% (2022). Si rileva un ritorno dell’eroina: 320 mila ragazzi hanno fumato, sniffato o si sono iniettati il derivato dell’oppio. Non meno allarmanti i dati del consumo di sostanze legali: 780 mila (il 33% della popolazione studentesca) gli studenti tra i 15 e i 19 anni che si sono ubriacati nell’ultimo anno. 730 mila (pari al 30% della popolazione studentesca) gli studenti che hanno fatto binge drinking (abbuffata alcolica). 460 mila (pari al 19%) gli studenti che hanno fatto uso nella vita di psicofarmaci. Questi sono solo alcuni dati per far comprendere la drammaticità di un fenomeno che non tende a diminuire. anzi. La pandemia dovrebbe averci insegnato che la salute non è un fatto individuale, ma c’è una responsabilità collettiva anche nelle scelte del singolo ed una interdipendenza tra l’ambiente che c’è intorno, la società e l’individuo. Per promuovere salute e benessere è importate stare vicini ai territori tramite messaggi chiari, la promozione della ‘cultura alla salute’, promozione della centralità della ‘relazione circolare’ con le persone, con i servizi, con il territorio, con e tra la comunità territoriale”.

“Ancora oggi nell’immaginario comune – sottolinea padre Stenico – i contenuti da trattare nella prevenzione dovrebbero riguardare l’illustrazione della pericolosità dell’uso di sostanze stupefacenti seguendo un’impostazione più di tipo medico che comportamentale, meglio se avvalorata dalle testimonianze di ragazzi ospiti delle comunità o in fase di reinserimento, nella convinzione che possano costituire un forte deterrente a contrasto dell’uso di sostanze stupefacenti. Una pia illusione. La conclusione che gli studenti traggono, seguendo il racconto dei ragazzi, è il consolidamento della convinzione che essi non corrono alcun pericolo, data la distanza tra le loro abitudini e le storie appena ascoltate, soprattutto nel caso in cui alcuni abbiano già iniziato a fare qualche esperienza di quel genere. Ho sempre pensato che sia molto meglio trattare tematiche inerenti i processi dello sviluppo evolutivo tipici dei vissuti dei ragazzi, compresa la ridefinizione del rapporto con i propri genitori, l’elaborazione e la costruzione di un progetto di vita, la pratica di stili relazionali più coinvolti e continuativi, la consapevolezza della struttura della propria affettività. L’intento è accompagnare a promuovere il benessere, fornendo delle chiavi interpretative utili ad accrescere la riflessività rispetto alle proprie esperienze, compreso il divertimento rischioso e le forme trasgressive eventualmente messe in atto, per sviluppare così un maggior senso autocritico e accrescere le capacità di resilienza volte a superare le difficoltà e le criticità, più che inseguire l’illusione di proteggerli”.

“Purtroppo il sistema di cura, in ambito sia sanitario che sociale, è sempre più schiacciato su ‘categorie’ e ‘prestazioni’ – conclude Squillaci -. Un binomio infernale, spersonalizzante, che viene applicato anche nelle politiche di prevenzione, con investimenti del tutto inadeguati e spot, spesso mirati ad affrontare le emergenze del momento, pure importanti, del qui ed ora, anziché impiantare modelli educativi, e culturali, concretamente proiettati sul futuro e sulla centralità del benessere della persona fin dalla prima infanzia con il coinvolgimento delle famiglie e delle comunità locali. La salute e la promozione del benessere sono una responsabilità collettiva e una sfida culturale”.