
Una festa in famiglia. Semplice quanto sentita, che non ha mancato di emozionare i presenti. Un segnale importante verso il ritorno alla normalità, ma soprattutto la celebrazione di un compleanno davvero significativo. Casa San Lazzaro a Modena, domenica 3 ottobre, ha infatti festeggiato 30 anni di attività.
“Un luogo di cura, di condivisione della vita, della forza e delle fragilità delle persone. Ci si prende cura dell’altro senza tempo né confini”. Così padre Giuliano Stenico, Presidente Fondazione CEIS, ha evidenziato i valori di Casa San Lazzaro. “Nel 1991, quando si decise di aprire, incontrammo numerose difficoltà. Cittadini del quartiere, e non solo, si opponevano fermamente per il pregiudizio legato alla malattia. L’Aids era tanto temuto quanto sconosciuto. Il punto di svolta c’è stato quando queste persone hanno avuto occasione di ascoltare i racconti di ospiti e volontari. Casa San Lazzaro è una testimonianza viva della mission del CEIS: la centralità della persona, la priorità dell’individuo rispetto ad una malattia che gli impone un limite fisico”.
“Poter festeggiare ha significato ricordarci a vicenda ed essere testimoni di un modello di cura che non si limita all’assistenza sanitaria, ma sostiene e valorizza la persona in tutti i suoi bisogni – sottolineano Fiorella Cavazzi e Riccardo Gardinali, rispettivamente responsabile e vice responsabile di Casa San Lazzaro -. La struttura è cambiata e si è molto evoluta negli anni, non occupandosi più soltanto di chi è affetto da Aids. Molti ospiti di oggi sono qui da sempre e vivono l’Aids come una malattia cronica – sottolineano Cavazzi e Gardinali – ma oggi accogliamo anche persone con tempi di permanenza ben definiti, legati ad esigenze di recupero della salute, per terapie o perché privi di una rete sociale significativa. Il ‘Progetto Uomo’ è il nostro riferimento: la persona al centro, presa in carico a 360°, per la cura del benessere fisico, emotivo e psico-sociale. Abbiamo costanti rapporti con una dottoressa infettivologa esterna, ma che di fatto fa parte dell’équipe, e tra i nostri operatori ci sono psicologi, psicoterapeuti, OSS, infermieri. Guardiamo alla persona nel suo complesso, alla malattia e alle fragilità che presenta, valorizzando nel contempo le sue risorse e le tante potenzialità. Abbiamo vissuto mesi complessi a causa dell’emergenza Covid: una prima chiusura; la riorganizzazione delle attività; le preoccupazioni per gli ospiti, persone fragili, immuno-depresse, spesso con patologie associate, e per la salute degli operatori e dei loro familiari. Ora si intravvede un futuro meno impervio e siamo fiduciosi. Questo periodo così difficile, ed è stata questa la vera sorpresa, ha in realtà fanno nascere relazioni tra ospiti e personale ancora più profonde.”
“È importante, anzitutto, sottolineare come Casa San Lazzaro sia nata in una situazione emergenziale per una malattia infettiva contagiosa, l’Aids, che oggi sembra dimenticata – sottolinea Rosa Bolzon, già coordinatrice area socio-sanitaria e assistenziale CEIS e oggi presidente della cooperativa CEIS A.R.T.E. -. Abbiamo sperimentato la fragilità, il sentirsi appestati, emarginati, distanti dalle persone ‘sane’… E insieme abbiamo affrontato, oltre al dolore della separazione e della morte, il problema della ‘vita’, di una vita che sia dignitosa e apprezzata. L’attuale pandemia, peraltro, ha cancellato l’attenzione verso questa patologia, mentre invece le nuove diagnosi sono in aumento e spesso intercettate in ritardo. Voglio ricordare un momento significativo a Casa San Lazzaro, quando arrivarono i primi i farmaci antiretrovirali. Qualche ospite rimase sconcertato: “Mi state imbrogliando? Sono venuto qui, nella Casa, per lasciare alle spalle una vita dissoluta, per poter morire in pace… E ora mi proponete di vivere ancora: com’è possibile? Come posso farcela?”.
“Di fronte alla cronicità di oggi – prosegue Rosa Bolzon – con persone che stanno male fisicamente, che si spengono con lentezza, dove crescono le patologie invalidanti, i molti tumori, la domanda si ripropone con insistenza. E l’impegno di Casa San Lazzaro è forte nel tenere unito l’aspetto educativo, psicologico e di assistenza fisica, del prendersi cura ‘insieme’. Valori tanto più attuali in questo periodo di pandemia che ancora ci tiene in ostaggio e che, in maniera sfacciata, ripropone la fragilità del nostro ‘essere al mondo’, oltre all’esigenza imprescindibile di occuparsi dell’altro. Casa San Lazzaro è dunque un modello di attenzione e cura anche all’interno del sistema CEIS, testimonianza costante nel tempo dello sforzo continuo del ‘prendersi cura’ in modo integrato, flessibile, attento”.