Il Presidente del Consorzio Gruppo CEIS, padre Giovanni Mengoli, il 2 luglio 2020, in rappresentanza del Coordinamento delle comunità dei minori della Città metropolitana di Bologna è stato convocato alla commissione consiliare n°III del Comune di Bologna, per fare il punto sull’impatto dell’emergenza coronavirus sulle comunità per minori. Quale la fotografia che ne è emersa?
“Ho parlato in rappresentanza di oltre una trentina di comunità di Bologna e provincia, quelle MSNA legate al sistema Sprar/Siproimi e quelle strutture, la maggioranza, normate dalla DGR 1904/2011. Tra queste diverse, sia di una tipologia che dell’altra, gestite da CEIS. Parliamo di una quantità considerevole di ragazze e ragazzi, ben oltre il centinaio, in maggioranza tra i 16 e i 18 anni. Ho illustrato le complessità, le carenze e le risposte date nella Fase 1 dell’emergenza, difficilissima sotto vari punti di vista. E sottolineato l’insufficiente definizione di norme e situazioni di queste Fasi successive (la 2 e la 3), in particolare per quanto riguarda l’autonomia dei minori, sia sotto l’aspetto della possibilità di elaborare progetti che dell’impiego nel tempo libero. Se il sistema ha retto, e lo sta facendo anche ora, il primo riconoscimento va all’encomiabile impegno degli educatori. Anche nella fase emergenziale dell’inizio, pur tra incertezze e paure, non si sono mai tirati indietro; nella grande maggioranza dei casi, continuando a garantire la copertura delle comunità secondo i turni concordati. Solo una piccola minoranza si sono messi in malattia, per reali ragioni di salute”.
Quali le principali difficoltà nella Fase 1?
“Fino all’inizio del mese di aprile risultava complesso reperire con continuità ed efficacia i dispositivi di protezione per gli operatori. Ciascuno si è arrangiato come poteva. I lavoratori talvolta hanno operato in situazioni rischiose, fortunatamente il contagio tra gli adolescenti è molto basso… Dopo Pasqua la situazione è migliorata. La necessità che anche gli educatori indossassero le mascherine durante l’attività ha creato non poche difficoltà, specialmente nelle comunità che accoglievano minori con disagio o fragilità. È venuta a mancare una grandissima parte della relazione che si instaura con i ragazzi, quella non verbale, in un contesto dove è invece fondamentale. Si è cercato, dunque, di lavorare molto sul buon senso degli educatori chiamati a discernere il buon uso del DPI. In termini di prevenzione e tutela della salute, da subito abbiamo sottolineato l’importanza di fare i tamponi. Sino a maggio la situazione è però rimasta ferma, poi si è sbloccata per gli accessi di Pronta Accoglienza. Ora la Regione ha sancito il diritto ai test nelle comunità ed è stata creata una task force apposita, ma la tempistica resta un problema”.
Come hanno reagito i minori all’esplodere della pandemia e agli inevitabili sconvolgimenti cui si sono trovati di fronte?
“Le condizioni di disagio si sono evidenziate da subito, anche nella quotidianità. Prevedere stanze di isolamento precauzionale per possibili contagi, concentrando i minori accolti in altri locali, ha avuto ripercussioni. La consapevolezza dell’emergenza è comunque andata progressivamente crescendo. Se all’inizio è stato faticoso far comprendere il lockdown ai minori, poi la stragrande maggioranza ha capito la serietà del problema e si è adeguata. E anche oggi i segnali e i comportamenti sono, nel complesso, positivi”.
Le comunità si sono trovate di fronte anche a difficoltà finanziarie. Come sono state affrontate?
“Ci siamo rivolti alla Regione per avere un sostegno così da riuscire a sostenere i costi legati all’aumento del personale, all’acquisto dei dispositivi di sicurezza, al potenziamento delle tecnologie per consentire ai ragazzi di proseguire con l’attività scolastica. Alla richiesta di integrazione delle rette la Regione ha risposto a metà giugno finanziando i Distretti, che a loro volta destineranno risorse alle comunità. Ma i contributi non potranno coprire tutti i costi”.
Come le comunità stanno affrontando queste Fasi 2 e 3 di complesso ritorno ad una possibile normalità?
“Siamo nel pieno di un periodo complesso, dove le regole, specialmente per i minori accolti di recente, lasciano un margine di interpretazione molto alto. Le linee generali della Regione per i servizi di accoglienza dei minori risalgono al 12 giugno ma, come detto, rispetto alle progettualità, alla fruizione del tempo libero, alla questione dei rientri temporanei in famiglia c’è un’insufficiente definizione. Occorrerebbero maggiore chiarezza e tempestività. In prospettiva, è auspicabile che si possano attivare strutture Covid dove accogliere eventuali minori positivi”.