Ricordando Andrea Canevaro, che ci ha insegnato a essere “educatori acrobati”

Padre Giuliano Stenico, presidente Fondazione CEIS: “Andrea Canevaro è stato un amico e un punto di riferimento per le linee pedagogiche, riabilitative e inclusive che seguiamo. Fondatore dell’approccio integrativo, ha stimolato in tutti noi un’attenzione particolare verso l’inclusione delle persone disabili e fragili nel loro complesso. Ci riconosciamo pienamente nei suoi percorsi e nei valori che ci ha insegnato”.

Padre Giovanni Mengoli, presidente Consorzio Gruppo CEIS: “Per noi è stato come quel padre paziente, di grande cuore, che sa ascoltare e dà buoni consigli. E, soprattutto, che non smette mai di incoraggiarti. Ha sempre sostenuto il nostro Centro in tutte le progettazioni innovative. Lo ricordiamo con grande affetto e lo ringraziamo”.

Il “mondo CEIS” esprime forte commozione di fronte alla scomparsa, nelle scorse ore, di Andrea Canevaro, pedagogista, fondatore dell’integrazione scolastica, precursore sui temi dell’inclusione, professore emerito dell’Università di Bologna.

“L’educatore acrobata” fu il titolo dell’intervento che Andrea Canevaro tenne in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico 2018/19 dell’Istituto Toniolo, assieme ad una lectio magistralis del professor Romano Prodi.

Una testimonianza illuminante dei princìpi e dei valori che hanno sempre mosso il pensiero e l’azione del prof. Canevaro.

“… Mi chiesero, un giorno, di indicare un valido corso di specializzazione contro l’autismo… Sono la persona sbagliata, risposti subito. La mia vita è lottare contro i corsi di specializzazione, che ti permettono solo di lottare contro la patologia. Devi andare oltre, verso l’altro… Il mio è un corso per educatori acrobati, perennemente alla ricerca di una posizione equilibrata tra l’applicazione di un metodo e la possibilità di essere più liberi, di guardare la realtà che è oltre il metodo. Ho visto molti acrobati educatori, nella mia vita, sono stato fortunato… All’Università di Lione mi colpì profondamente l’incontro con un grande manager. Dava lavoro a migliaia di persone in una fabbrica che produceva camion e macchine agricole. Un giorno la moglie fu ricoverata per problemi psichiatrici, il che lo spinse a iscriversi all’Università e a chiedere una tesi che lo costringesse a passare un anno in ospedale. Fu così che raggiunse la moglie e le rimase accanto, aiutandola e sostenendola”.

“Questo è il senso del lavoro dell’operatore: raggiungere l’altro nel posto in cui è e poi procedere assieme…. L’acrobata sta sul filo, l’educatore acrobata si muove sulla filiera, altra parola chiave, perché è nella filiera che si possono creare spazi per la crescita… Perché la possibilità di crescere ha bisogno di spazi; le strutture di contenimento chiudono lo spazio, l’apertura di una filiera ha confini che non si possono definire… Operosità è poi la parola che va d’accordo con il termine acrobati. Occorre trovare il passo giusto con equilibrio e operosità. Ciascuno di noi ha la propria operosità, se la collega con quella di altri diventa filiera… La mia operosità la posso utilizzare bene se ascolto gli altri, se la unisco a quella degli altri, se costruisco un trenino dell’operosità…”.