Accoglienza e formazione: nuove opportunità per chi esce dal carcere

“Il tema carcere è di assoluto rilievo e attualità e andrebbe trattato con maggiore attenzione, sensibilità e concretezza. Purtroppo la mentalità comune è che il carcere e chi lo occupa sono realtà scomode, che non le si vuole vedere. Come CEIS siamo oggi fortemente impegnati sia sul fronte dell’accoglienza che della formazione”.

Padre Giovanni Mengoli, Presidente Consorzio Gruppo CEIS, fotografa così una situazione complessa: quella delle carceri, del recupero e del reinserimento di detenuti ed ex. Alla luce di due momenti significativi. La prossima inaugurazione a Bologna – entro il 2021 – della nuova “Casa di accoglienza di Corticella per detenuti in misura alternativa” e dell’importante momento di confronto “Ripartire dopo il carcere: formazione e lavoro”, con anche Cooperativa Sociale CEIS Formazione protagonista nel presentare i propri percorsi professionali.

L’accoglienza è la vera sfida

“In Italia si spende moltissimo in riferimento alle voci giustizia e detenzioni, ma l’efficacia per chi il carcere è costretto a ‘viverlo’ è pari allo zero – sottolinea Padre Mengoli -. Costruirsi una professionalità è, di fatto, impossibile e chi esce dal carcere non possiede la formazione necessaria per un rapido reinserimento nel mondo del lavoro. Il rischio che torni a delinquere è dunque alto. Recenti statistiche dicono che chi non usufruisce di misure alternative ha un tasso di recidiva del 90% circa. Eppure dovrebbero essere evidenti i vantaggi garantiti dai percorsi formativi: la società sarebbe più sicura, un maggior numero di persone con la possibilità reale di inserirsi nel mondo del lavoro e quindi nella società, con risparmi economici consistenti. Sul welfare carcerario sarebbe dunque fondamentale investire: in misure alternative, in formazione, in azioni di recupero e reinserimento. Invece, misure alternative al carcere per chi non ha una rete sono praticamente insistenti, le possibilità di formarsi restano esigue, c’è carenza normativa e di strutture. Le rare opportunità sono lasciate al buon cuore di Enti caritatevoli, dell’associazionismo, del volontariato. Il tema principale è quello dell’accoglienza, per il quale si fa pochissimo. Ci sono comunità per tossicodipendenti, per chi soffre di disturbi mentali, per tante altre tipologie di persone, ma ai carcerati chi ci pensa? Come CEIS ci stiamo dando da fare, ma la strada è lunga”.

La Casa di Accoglienza al Villaggio del Fanciullo

Sul territorio bolognese, a parte la straordinaria esperienza della Comunità del Baraccano iniziata negli anni ‘70 e conclusa vari anni fa, che per prima ha concretizzato esperienze di accoglienza di soggetti provenienti dalla marginalità tra cui persone detenute (uomini e donne), per molto tempo non si è più realizzata una vera opportunità di accoglienza organizzata e strutturata. Nonostante numerose situazioni presenti in carcere, soprattutto se compromesse dal punto di vista socio-sanitario (e sono molte), o che necessitano di una situazione più tutelata, richiedano luoghi maggiormente predisposti ad una accoglienza strutturata.

La Casa di accoglienza nel Villaggio al Villaggio del Fanciullo, attivata da CEIS nell’estate 2017, si è configurata in questi anni come una risposta adeguata, pur potendo accogliere contemporaneamente solo 4 ospiti. Nel complesso, è stato possibile accogliere 15 persone, di cui alcune ancora presenti; in 8 fruiscono oggi di un’occupazione relativamente stabile, hanno terminato la pena e sono ancora in stretto contatto con CEIS. L’attività è caratterizzata da uno stretto racconto con le istituzioni, con realtà private quali parrocchie e associazioni di volontariato, con la cittadinanza; sono stati coinvolti operatori esperti, psicologi ed educatori. Fondamentale è l’attività di sensibilizzazione sociale sul tema della pena, coinvolgendo a più riprese i detenuti ospiti disponibili a mettersi in gioco.

La nuova Casa a Corticella pronta entro l’anno

Ora sta nascendo una nuova Casa, nella zona Corticella del quartiere Navile, la cui costruzione e stata finanziata dalla parrocchia. I lavori sono a buon punto, si conta di completarli entro fine anno. Nella struttura, affidata a Gruppo CEIS, sarà possibile accogliere 8 persone contemporaneamente in regime residenziale, e, vista la vicinanza con il carcere, saranno a disposizione ulteriori posti in regime non residenziale per accoglienza nella fascia diurna (permessi premio, semilibertà, art 21…). La gestione dell’accoglienza sarà finanziata dalla Diocesi di Bologna, con l’impegno di CEIS nell’arrivare in breve tempo ad individuare fondi strutturali pubblici. Per questo sarà molto importante un’intensa campagna di sensibilizzazione, perché politicamente si tratta di un tema poco sentito.

 

L’importanza dell’’orientamento e della formazione in carcere

Ripartire dopo il carcere: formazione e lavoro” è stato il tema di un recente convegno focalizzato su condizione carceraria, diritti e doveri all’interno delle strutture detentive, opportunità lavorative fuori e dentro il carcere.

“Abbiamo presentato e discusso le esperienze che dal 2016, con soddisfazione, portiamo avanti negli Istituti penitenziari di Modena e Castelfranco Emilia – sottolinea Chiara Vallini, coordinatore dell’Area Lavoro e Progettazione di CEIS Formazione per i progetti che, in collaborazione con Irecoop, vengono svolti all’interno delle carceri –. Sinora abbiamo incontrato quasi un centinaio di persone tra uomini e donne. L’attività, nell’ultimo anno, ha risentito ovviamente della situazione pandemica, che ha colpito a qualsiasi livello la formazione, ma normalmente riscontriamo non solo un grande interesse ma anche un grande desiderio di costruire un percorso concreto al di fuori del carcere, cogliendo le opportunità che vengono offerte. Parliamo di orientamento specialistico, tutoraggio, in alcuni casi di vero e proprio sostegno alla progettazione. Molto spesso si tratta della prima vera occasione, per queste persone, di immaginarsi con un ruolo professionale riconosciuto e dignitoso all’interno della società. I corsi sono di vario tipo: di cucina e ristorazione sia a Modena che a Castelfranco; in quest’ultima sede si svolgono anche le attività di formazione relative alla manutenzione del verde. Le donne vengono coinvolte, a Modena, nell’area del tessile. Altri percorsi formativi non ancora realizzati ma in via di esserlo sono relativi all’apicoltura e alla produzione del miele e alla trasformazione di prodotti agricoli. Sia l’orientamento che la formazione si svolgono all’interno degli spazi del carcere e, nell’ultimo anno, anche a distanza, grazie alla grande collaborazione delle istituzioni. Mediamente si tratta di corsi di 150 ore, che hanno come obiettivo l’acquisizione di competenze secondo il sistema regionale delle qualifiche professionali e attività formativa sia teorica che pratica. Un’esperienza che intendiamo proseguire e innovare”.