
Ora che il clamore mediatico si è placato, sul “caso Bibbiano”, e la recente sentenza, come CEIS riteniamo possibile e opportuno avviare una riflessione. A oltre sei anni dall’inizio dell’inchiesta, infatti, è arrivato un pronunciamento chiaro, che ha smentito le accuse più gravi: nessuna sottrazione indebita di minori, nessun affido illecito, nessuna “strega di Bibbiano”. Eppure, il danno è stato fatto. All’epoca, il “caso Bibbiano” travolse l’opinione pubblica come un ciclone, generando sospetti, paure e diffidenze.
“Ci siamo trovati di fronte a una strumentalizzazione mediatica e politica che ha creato un clima di sfiducia verso le istituzioni preposte alla tutela dei minori – Tribunale per i minorenni, servizi sociali e sanitari, sistema dell’accoglienza – che sono il vero interesse che sta a cuore a tutti noi”, sottolinea Giovanni Mengoli, presidente Consorzio Gruppo CEIS.
“Come CEIS, ci riconosciamo nelle recenti prese di posizione della Comunità di famiglie “Venite alla festa” ma è importante aggiungere alcune considerazioni. Dopo l’esplosione del caso, interi servizi si sono paralizzati: educatori e assistenti sociali hanno smesso di prendere decisioni per paura di sbagliare o di essere attaccati pubblicamente. Le richieste di ingresso in comunità erano completamente bloccate, uno stop pressoché totale che minava il dettato costituzionale e comprometteva le funzioni del sistema dell’accoglienza”.
“Il percorso di ripresa, in questi anni, è stato lungo e complesso, anche con l’introduzione della figura del ‘procuratore speciale’ voluto dalla ‘riforma Cartabia’. Oggi, anche alla luce di una sentenza che fa chiarezza e giustizia, è tempo di ripartire con una consapevolezza rinnovata. Il CEIS, ma così come penso tutte le Comunità Educative per i Minori dell’Emilia-Romagna, è pronto a mettersi in gioco per migliorare il sistema dell’accoglienza, anche introducendo interventi più ‘leggeri’, come le comunità educative semi-residenziali. L’obiettivo generale è calibrare gli inserimenti rispetto all’appropriatezza dei bisogni realmente presenti sulle situazioni che sono segnalate al Tribunale”
Servizi e operatori della filiera devono dunque lavorare insieme, comunicando, collaborando e assumendosi ciascuno le proprie responsabilità, senza svalutare o delegittimare gli altri, ma rafforzandosi a vicenda, e non avendo come riferimento unico il costo dell’intervento.
“È chiaro a tutti, comunità di accoglienza in primis – evidenzia Mengoli – che l’allontanamento familiare di un minore, sia esso un affidamento residenziale o un inserimento in comunità, non si decide mai a cuor leggero. È sempre una scelta sofferta e deve rimanere temporanea (massimo due anni, secondo la DGR 1904/2011), con il preciso obiettivo di recuperare le competenze genitoriali mancanti affinché il figlio possa crescere in famiglia e diventare una risorsa per la società. Se però il principio della temporaneità si scontra con la mancanza di risorse per lavorare con le famiglie, occorre aprire un altro dibattito: quello sull’allocazione delle risorse”.
“A partire dalla ‘vicenda Bibbiano’ è più che mai necessario vigilare affinché politica e media non facciano di tutta l’erba un fascio: rigore nel punire eventuali illeciti o abusi – che ritengo più spesso frutto di valutazioni sbagliate che di malafede – ma salvaguardia di un sistema di welfare per i minori che resta un modello per molti Paesi. Senza ‘gettare fango’ su chi, nel pubblico e nel privato sociale, esercita la propria professione con serietà. Per costruire un mondo migliore occorre crescere nella fiducia reciproca e nel rispetto tra tutti i ruoli della filiera che tutela i minori: genitori, scuola e altre agenzie educative, servizi sociali e sanitari, Tribunale e Procura per i minorenni, comunità, case famiglia e famiglie affidatarie. Ognuno è chiamato a fare la propria parte, per il bene delle nuove generazioni”.
“È fondamentale che la politica sostenga la famiglia come primo nucleo della società, da tutelare e rafforzare, soprattutto nelle situazioni di precarietà e fragilità in cui la capacità genitoriale è compromessa e i figli rischiano di crescere in ambienti non educanti. Solo così le famiglie, anche quelle più in difficoltà, potranno sentirsi incoraggiate a chiedere aiuto agli enti preposti senza la paura di essere giudicate o di vedersi sottrarre i figli. L’allontanamento di un minore non è mai una scelta semplice, né definitiva: È sempre una decisione sofferta e deve essere temporanea. L’obiettivo resta quello di recuperare le competenze genitoriali mancanti, per restituire il figlio alla propria famiglia. Serve però anche un cambio culturale che coinvolga tutti gli attori, inclusi i media. Bisogna vigilare affinché politica e informazione non generalizzino. Serve rigore nel punire eventuali illeciti, ma anche proteggere un sistema di welfare che, nonostante tutto, resta un modello per molti Paesi”.
“Oggi il CEIS, insieme ad altri attori del territorio, partecipa al Tavolo Regionale promosso dalla Regione Emilia-Romagna per la riqualificazione del sistema di tutela dei minori. Tre gli ambiti principali di lavoro: Governance territoriale, per coniugare trasparenza dei costi e appropriatezza degli interventi, specialmente mettendo a sistema gli interventi sanitari sui minori collocati fuori dalla famiglia. Sostegno alla genitorialità, in tutte le sue fasi. Aggiornamento del sistema di accoglienza, con una revisione delle direttive regionali in vigore (DGR 1904/2011 – DGR 1102/2014 – DGR 1490/2014). A cui si aggiunge il monitoraggio sulla piena attuazione della “riforma Cartabia”, per evitare che venga rallentata, se non addirittura affossata”.