28 Marzo 2024
Home > Dipendenze patologiche > “Progetto Narciso”, contro le illusioni e le realtà distorte dalla cocaina
Elisabetta Laganà

di Elisabetta Laganà*

Il nome Narciso fa riferimento al mito greco del giovane innamorato della sua immagine riflessa.
Il pensiero psicoanalitico ha affrontato gli aspetti della sindrome narcisistica come l’incapacità di rapportarsi all’altro, l’autoreferenzialità e il rapportarsi con sé stesso attraverso una immagine di sé idealizzata, artificiosa.

La sua riflessione parte proprio dall’impossibilità di realizzare l’unione con l’oggetto del proprio amore, che conduce Narciso alla disperazione e alla morte.

I cocainomani si rivolgono alle cure quando questa immagine rivela in maniera innegabile gli aspetti problematici del consumo, quali la compromissione della vita affettiva, lavorativa a e sociale; l’aspetto dei rischi per la salute viene percepito molto dopo, questo è un errore perché la cocaina nuoce anche in quantità ridotte.

Mi occupo del “Progetto Narciso” dal 1999, studiato per dare risposte alle tante persone che si rivolgevano all’ambulatorio CEIS per problematiche legate all’uso di cocaina.

Le risposte fornite dai sevizi per le dipendenze (pubblici e privati) erano, per la maggior parte, elaborate sulla esperienza del trattamento di pazienti eroinomani, quindi inadatte come risposta alla problematica.

Verso la fine degli anni ‘90, la cooperativa Il Pettirosso (oggi CEIS A.R.T.E.), a seguito di approfondimenti specifici della tipologia di consumo, ha messo a punto un progetto terapeutico, ispirato alle metodiche ed agli studi pubblicati sul tema che si erano rivelati efficaci con la maggior parte dei pazienti cocainomani, e che ha ottenuto risultati di grande efficacia per il trattamento positivo di moltissimi di essi, compresi i soggetti che presentano policonsumo a dominio psicostimolanti.

Il fenomeno dell’utilizzo di cocaina è vastissimo; è la seconda sostanza più usata al mondo, dopo la cannabis.

Il nostro servizio ha coinvolto centinaia di persone, sia inviate dai servizi che afferite spontaneamente.

Non tutte sono entrate in trattamento, alcune si sono limitate a richiedere servizi di consulenza, talvolta sporadiche, o incontri per informazioni di tipo generale sul consumo.

Il consumo di cocaina, per molti, ha caratteristiche di tipo ricreativo e viene inserito nella “normalità” della vita quotidiana. Difficilmente queste persone arriveranno a essere coinvolte in un servizio di cure vero e proprio, perché riescono, o ritengono di riuscire, a mantenere due sfere separate: l’uso saltuario di sostanze e una vita sociale integrata.

Il Covid ha rappresentato un punto di svolta critica molto importante. Abbiamo seguito i nostri pazienti anche durante il periodo di lockdown, ci sembrava importante non lasciarli soli in una fase di così grande difficoltà.

L’approvvigionamento della sostanza anche in quei mesi ha continuato a avverarsi; contestualmente, si è registrata un’accelerazione del commercio delle droghe sintetiche, un mercato già molto florido in precedenza.

I mercati hanno capito che poteva crearsi una sorta di vantaggioso delivery di sostanze prevalentemente di tipo sintetico, che potevano essere comprate online.

Il commercio delle droghe sintetiche, dunque, già molto presente negli anni precedenti, con il Covid ha assunto proporzioni veramente pandemiche.

Il tema del cosiddetto consumo integrato è stato un problema per le persone ed i servizi. Si è creata un’ideologia sociale legata al tema del “consumo consapevole”. Si è capito però che la consapevolezza non è poi così tanta. Le persone camminano su un crinale pericoloso, su un filo, per poi rendersi conto che basta un lieve spostamento perché si manifestino problemi ben più grandi.

Siamo consapevoli del fatto che intercettiamo solo una piccolissima parte di assuntori di sostanze, e che rimane un’ampia fascia che andrebbe coinvolta con strategie, pratiche, metodi che non possono essere solo quelle dei servizi tradizionali. Le prospettive del nostro servizio dovrebbero andare esattamente in questa direzione. Queste persone non si percepiscono, di fatto, dipendenti; ritengono che l’uso della sostanza sia un fattore esclusivamente di tipo ricreativo.

Bisognerebbe immaginare un nostro coinvolgimento anche nei luoghi dove i problemi si manifestano, ad esempio nelle aziende, nel mondo del lavoro, nei luoghi di divertimento, nelle varie articolazioni della società. Creare delle occasioni, delle possibilità che permettano di portare alla luce questo problema che, in questi anni è veramente andato sott’acqua.

Nessuno ne parla più. A meno che non si registrino episodi eclatanti, sociali o di ordine pubblico, o legati ad inchieste giudiziarie.

Ma il fenomeno non è scomparso, anzi è sempre estremamente presente. Ed è compito anche dei servizi sollecitare l’attenzione su questi punti e cercare risposte come quelle che il nostro Centro cerca di dare, sempre più allineate alla realtà attuale del fenomeno.

L’ambulatorio del “Progetto Narciso” è a Bologna, la sede è al Villaggio del Fanciullo di via Scipione dal Ferro. Lavoro con colleghi molto preparati, costantemente aggiornati sulle tecniche terapeutiche riguardo questo problema specifico. Teniamo costantemente presente l’interesse del paziente.

Spesso le persone vengono portate, se non trascinate, da noi da qualche familiare, quindi cerchiamo di applicare modalità estremamente elastiche e mirate sugli orari, le motivazioni e le abitudini del paziente, al fine di motivarlo ad un trattamento. Che deve essere il più possibile costruito insieme attraverso una alleanza terapeutica.

Ma incontriamo resistenza. Molti non intendono liberarsi di una sostanza che dà loro, oltre ad indiscussi elementi di piacere, effetti legati al cosiddetto “ideale dell’io”, e che ricorrono alla cocaina perché rappresenta la possibilità di costruire una immagine di sé aderente a come vorrebbero sentirsi o vedersi, per poi scoprire che stanno rincorrendo una grande illusione.

È però straordinario vedere come le persone, attraverso la cura, riescono pian piano a riconoscere e ad accettare il loro vero e i propri limiti, e a indirizzare, in molti casi, queste energie in altre attività di tipo creativo e ricreativo. Molti, ad esempio, si sono poi dedicati al volontariato. Altri rimangono legati al Centro e si rendono disponibili per aiutare gli altri.

*Responsabile “Progetto Narciso” ambulatoriale