12 Novembre 2024
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n approccio, quello dei primi anni, quasi pionieristico, anche se guidato da un modello “forte”, alla ricerca di nuovi percorsi più individualizzati e rispondenti ai bisogni di ogni singola persona. L’evoluzione fu peraltro rapida, dettata dal moltiplicarsi delle richieste delle famiglie, dalla crescita in esperienza e professionalità degli operatori.

L’impegno della Fondazione CEIS sul territorio di Bologna nel campo delle dipendenze è frutto della fusione della Cooperativa Sociale Il Pettirosso, comunemente conosciuta come CeIS di Bologna, con la Cooperativa Sociale CEIS A.R.T.E., braccio operativo della Fondazione CEIS.

Famiglie, volontari, Istituzioni, Chiesa locale. La storia del CEIS a Bologna nasce, come sempre, dall’incontro di sensibilità diverse, desiderose di affrontare un problema concreto: la droga. Una storia ricca e fortemente radicata nel tessuto sociale bolognese, il cui inizio risale al 1983 grazie all’impegno del diacono Claudio Miselli.

Ce ne parlano due testimoni privilegiati: Waider Volta, uno dei primi dirigenti de Il Pettirosso ed oggi membro del Consiglio di Amministrazione di CEIS A.R.T.E., e Federica Granelli, operatrice nelle dipendenze e attualmente coordinatrice dell’Area Prevenzione nei territori di Modena e Bologna.

Waider Volta: “La costante che ha caratterizzato tutta l’esperienza de Il Pettirosso, e che sempre più si è sviluppata nel tempo, è il rapporto con i genitori, che hanno ripreso fiducia, superando la vergogna e il timore di essere emarginati da parenti, amici e vicini. Sembrava che la droga ti contagiasse anche da un punto di vista etico, nessuno ne parlava e di fatto si andava ad una ghettizzazione delle famiglie che vivevano questo problema…”.

Federica Granelli:A Il Pettirosso abbiamo sempre prima fatto le cose per poi ‘metterle a sistema’. E questo credo sia diventato un patrimonio comune per il CEIS, come quello spirito volontaristico che ha sempre contraddistinto i fondatori ed è qualcosa di ineguagliabile. Gran parte del merito fu di Alessandro Dionigi, un innovatore che aveva una capacità di prevedere il futuro, in termini di progettazione, di leggere i bisogni e di pensare risposte uniche ed efficaci, come nessun altro collega”.

In questo video ci racconta poi quale sia l’impegno profuso oggi nella lotta alle dipendenze Francesca Borghi, responsabile della Comunità Terapeutica Casa San Matteo e del modulo “doppia diagnosi” per soggetti con problematiche psichiatriche: “Un’equipe multidisciplinare si occupa di tutti gli aspetti tecnici e pratici. Un consulente psichiatra settimanalmente vede le persone; una psicologa all’interno segue individualmente gli ospiti. Quindi ci sono tutte le attività psico-educative, i gruppi e, al momento opportuno, la strutturazione della fase lavorativa”.

Elisabetta Laganà, responsabile dell’ambulatorio Altro Spazio, parla infine del progetto “Narciso” per persone con dipendenza da cocaina: “Molti non intendono liberarsi di una sostanza che dà loro, oltre ad indiscussi elementi di piacere, la possibilità di costruire una immagine di sé aderente a come vorrebbero sentirsi o vedersi, per poi scoprire che stanno rincorrendo una grande illusione. È quindi straordinario vedere come le persone, attraverso la cura, riescono pian piano a riconoscere e ad accettare il loro vero sé e i propri limiti, e a indirizzare, in molti casi, queste energie in altre attività di tipo creativo e ricreativo”.