2 Dicembre 2024
Home > Dipendenze patologiche > Casa San Matteo, tra “doppia diagnosi” e laboratori teatrali
Francesca Borghi

di Francesca Borghi *

Casa San Matteo, dove lavoro dal 2016 e di cui sono attualmente responsabile (era il 1999 quando cominciai con il CEIS, a Modena), è una Comunità terapeutica riabilitativa per le dipendenze patologiche che può ospitare fino a 45 persone.

La Comunità, accreditata, è mista, accogliamo uomini e donne.

Siamo a Crevalcore, in territorio bolognese, nel Castello dei Ronchi. Un luogo molto suggestivo, con tanto verde intorno. Un po’ isolato e di grande respiro, perché gli spazi sono importanti.

Abbiamo tre moduli: COD, “doppia diagnosi” e Narciso, specialistico per cocainomani e poliassuntori.

La Comunità è un luogo impegnativo: oltre alle persone ospiti, ci sono venti operatori che si alternano nell’arco della giornata e coprono anche le ore notturne.

L’équipe è multidisciplinare: psicologici, educatori, persone di esperienza affiancate da operatori giovani e taluni ancora in formazione.

È un lavoro interessante, tanto più funzionale nella misura in cui si riescono a fondere entrambe le anime. L’esperienza degli anziani di servizio combinata alle energie fresche degli operatori con noi da poco tempo.

La Comunità è strutturata sulla gestione della quotidianità: tutto quello che viene fatto è volto alla buona conduzione della struttura e delle attività. Che sono tante e varie. Quelle su cui ci siamo concentrati maggiormente in questi ultimi anni hanno molto a che fare con l’aspetto artistico.

Dal 2017 partecipiamo alla “Settimana della Salute Mentale a Modena”, ogni anno nel mese di ottobre, con le nostre performances, in particolare teatrali. Assieme ad altre realtà del territorio al confine tra Modena e Bologna abbiamo quindi prodotto video e iniziative per i giovani.

Sotto la supervisione di una regista bravissima, Francesca Iacoviello, che ci prende per mano e organizza gli spettacoli, oltre ad un Laboratorio teatrale che facciamo tutti gli anni.

Ricordo lo spettacolo del 2021 a Nonantola. Ci hanno permesso di utilizzare la Torre dei Bolognesi, medievale, bellissima, in piena sicurezza, con una rappresentazione che ha visto il tutto esaurito. Lo spettacolo lo abbiamo portato, nel giugno 2022, anche a Bologna, all’interno della Settimana dell’Interdipendenza.

A ottobre 2022, nuovamente in teatro, e sempre a Nonantola, abbiamo presentato “Ahi ahi, Aiace”, liberamente tratto dalla tragedia di Sofocle. La storia del mitologico personaggio greco, riveduta e corretta, per trattare i temi dello stigma e della vergogna sociale.

Il teatro e l’espressione artistica sono fortemente terapeutici. Principalmente perché ti trovi davanti a una situazione nuova; si tratta di andare a confrontarsi direttamente con i propri limiti personali: paura, timidezza, senso di inadeguatezza.

I lavori di gruppo sono importanti e ci danno soddisfazione.

Grande lo sforzo e l’impegno da parte degli attori, che sono sia ospiti della Comunità sia, talvolta, gli stessi operatori.

Oltre alla “Settimana della Salute Mentale” abbiamo anche un Laboratorio di arte che ha realizzato, negli anni, diverse mostre. Ad esempio, alla Casa della salute di Castelfranco Emilia: un segnale importante anche riguardo la nostra visibilità sul territorio, che non è sempre così scontata.

Le persone che afferiscono ai nostri moduli spesso arrivano da altre esperienze di Comunità e da percorsi terapeutici che non hanno avuto esito positivo.

Il modulo “doppia diagnosi” risale al 2010. Accoglie persone che un tempo non si riusciva a collocare, con situazione di natura psichiatrica e dipendenze patologiche.

Il lavoro è complicato, perché chi arriva qui spesso ha lunghi ricoveri alle spalle, TSO, difficoltà ad entrare in un contesto di socialità.

Nel modulo “doppia diagnosi” un’equipe multidisciplinare si occupa di tutti gli aspetti tecnici e pratici. Un consulente psichiatra settimanalmente vede le persone; una psicologa all’interno segue individualmente gli ospiti.

Quindi ci sono tutte le attività psico-educative, i gruppi e, al momento opportuno, la strutturazione della fase lavorativa.

Soprattutto per la “doppia diagnosi” riteniamo importante la partecipazione a laboratori esperienziali per aiutare le persone a dare un’espressione di sé in maniera alternativa.

In uno spazio più ampio dove possano esprimersi in maniera autentica.

Nel quotidiano l’attività si svolge all’interno della struttura, ma non solo. È fondamentale che le persone possano avere esperienze anche all’esterno. Esprimersi attraverso il volontariato, uscite ludiche, attività fisiche.

Siamo sicuramente una Comunità aperta all’esterno e consideriamo ciò un valore aggiunto.

Sul territorio partecipiamo, ad esempio, alle attività di volontariato con l’Auser, con il canile, con altre opportunità che il territorio offre.

Il “dentro/fuori” è sicuramente complesso, ma anche molto più soddisfacente ed è un’esperienza che arricchisce gli ospiti.

Gli anni della pandemia sono stati difficilissimi. La poca conoscenza di quello che ci stava succedendo intorno ci ha messo a dura prova.

Siamo riusciti a reggere gli urti fino a dicembre 2021, dopo di che i primi mesi del 2022 ci hanno messo in estrema difficoltà. Sono stati molti i casi di Covid sia tra gli ospiti che tra gli operatori.

Avevamo già approntato tutta una serie di situazioni di protezione – due stanze quarantene, una stanza di transito per le persone che avevano una sintomatologia da indagare ma non ancora accertati come positivi – e tutto ciò ha aggiunto fatica nel lavoro quotidiano. È progressivamente aumentata anche la paura.

La nostra è una Comunità sanitaria, per gli operatori vige l’obbligo vaccinale, ma resta il fatto che ognuno di noi a casa ha una famiglia e quindi le preoccupazioni erano tante.

I miei “ragazzi”, sebbene alcuni non lo siano poi così tanto, sono tutte persone che hanno scelto di vaccinarsi e quindi l’impatto dal punto di vista sanitario non è stato importante.

Non ci sono stati casi che hanno richiesto il ricovero. Ma la fatica di stare chiusi una settimana o anche di più all’interno di una stanza, da soli, è stata tanta.

*Responsabile Comunità Terapeutica Casa San Matteo