di Silvana Malvolti*
Ho lavorato per il CEIS prima ancora che nascesse… Mio figlio aveva un problema di tossicodipendenza. Scoprirlo fu uno choc per tutta la famiglia. Non sapevamo che fare.Gli psicologici furono i primi che consultammo, poi ricoverammo mio figlio in una clinica di Parma.
Era seguito da un medico molto importante e bravo, era tornata in noi la speranza.
Una mattina, andando a in ospedale, nel cassetto a fianco del letto trovai il laccio emostatico e tutto quanto il necessario per “farsi”. Fui presa dal panico. “Ma come, viene qua per risolvere un problema e gli danno l’eroina in camera?”.
Il messaggio che passò in me, in tutta la famiglia, fu: “Dalla droga in ospedale non si esce”.
Ascoltando la radio, un giorno sentii la testimonianza di una ragazza che parlava del CEIS di Roma, dei suoi percorsi di fuoriuscita dalla tossicodipendenza, di accoglienza e recupero.
Non passò un giorno e con mio marito contattammo la diocesi di Roma per un appuntamento. La prima cosa che ci colpì, una volta arrivati in Comunità, fu vedere ragazzi e genitori sereni e sorridenti.
Da allora, una volta alla settimana, andavamo a Roma per frequentare i gruppi di auto aiuto per genitori. Si partiva dopo il lavoro e si rientrava a Modena a notte fonda.
L’esperienza di Roma fu illuminante, anche perché da noi in città avevamo una situazione drammatica riguardo la diffusione della droga.
Don Mario Picchi ci consigliò la strada di aprire una nostra Comunità a Modena e fu così che conoscemmo padre Giuliano Stenico, che allora si occupava di tutt’altro.
Comprese il dramma che stavamo vivendo tanto che, assieme ad altre famiglie, di giorno ci trasferimmo a vivere in Comunità.
Il resto è storia…
*Volontaria CEIS