29 Marzo 2024
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inizio della storia del CEIS a Modena è legato indissolubilmente alla prima Comunità: La Torre. In realtà, per qualche mese la sede fu in provincia, a Lesignana, in una grande villa messa a disposizione da un volontario, ma il trasferimento avvenne a breve.

Di questo primo periodo pionieristico parlano due testimoni privilegiati. Le prime due operatrici del CEIS: Rosa Bolzon, oggi presidente della cooperativa sociale CEIS A.R.T.E. e Daniela Scrollavezza, già presidente del CeIS di Piacenza “La Ricerca”.

Rosa Bolzon: “Negli anni ’80 la droga era un’emergenza assoluta, fortemente legata al disagio, alla contestazione sociale, non si sapeva dove sbattere la testa. Assieme ad altri operatori, e a Padre Giuliano, siamo andati a Roma per un corso di formazione, durato sei mesi. A Modena abbiamo cominciato con una Comunità tradizionale, sul modello di quella di don Picchi: accoglienza, comunità, reinserimento erano le tappe del percorso. Il programma durava poco meno di due anni.  La situazione si è poi evoluta rapidamente. Cambiamento’ era la parola che più ricorreva ai nostri incontri. Per modificare, adeguare, rendere più efficaci gli interventi”.

Daniela Scrollavezza: “Quando aprimmo La Torre, nella sede attuale di via Poli, la Comunità aveva una struttura forte, piramidale. Gli operatori avevano molta responsabilità e potere, e altrettanta autorità. Fondamentale era il lavoro insieme. Essere autorevoli, rispettosi, dovevamo essere i primi a vivere quello che chiedevamo ai ragazzi: onestà, rispetto e responsabilità”.

Il fenomeno della tossicodipendenza, o meglio della dipendenza, è in continua evoluzione. Fin da subito fu quindi necessario operare adeguamenti che rendessero gli interventi efficaci rispetto ai bisogni del territorio. Questa continua osservazione e studio dell’evoluzione del fenomeno è una delle caratteristiche peculiari dell’esperienza della Fondazione CEIS. Ne parla Marco Sirotti, coordinatore dell’Area dipendenze. È cambiato l’approccio culturale nei confronti di chi consuma, come il motivo per cui una persona arriva a una sostanza. Si sono modificate le sostanze e la tipologia di chi vi si avvicina per esaltare la propria emotività, le attività, le prestazioni. La nostra è una società che legittima l’uso di sostanze. Nel momento in cui tu non raggiungi un risultato, puoi avvalertene per centrare l’obiettivo. Donne e uomini, in maniera eguale, per rispondere a modelli estetici o prestazioni, cercano scorciatoie. Spesso anche i genitori, per sedare l’ansia dei figli, convinti di aiutarli a superare insicurezze e fragilità, non pongono sufficienti argini, anzi spesso favoriscono l’assunzione di sostanze, non conoscendo le conseguenze”.

“Aggiornamento permanente”, “studio dei bisogni” “rete coi servizi”: questi i tre grandi input per garantire percorsi sempre rispondenti ai bisogni delle persone.

Da qui il racconto di due esperienze particolari: la Comunità per madri con figli Casa Mimosa e il servizio per giocatori d’azzardo patologico “Scommetti su di te”.

Di Casa Mimosa e dell’impegnativo lavoro con le mamme e i loro bambini parla Cristina Codeluppi, responsabile della Comunità: “Si chiede alle donne di lavorare su sé stesse e sul legame con il proprio figlio. Questo, non di rado, comporta un allungamento dei tempi del percorso rispetto ad altre unità terapeutiche. L’obiettivo finale, infatti, è l’uscita dalla dipendenza e la costruzione di una vera relazione madre/bambino. Due livelli strettamente congiunti e inscindibili, dove l’emancipazione dalla tossicodipendenza è la premessa indispensabile per lo sviluppo di una genitorialità responsabile”.

Del GAP racconta Annamaria Barbieri, responsabile anche del servizio di accoglienza di Modena: “Sono stati formati dei gruppi per giocatori d’azzardo patologici in diversi territori, nel Modenese, a Parma e Bologna. I gruppi sono aperti, l’accesso è libero, sono dedicati ai giocatori e non hanno un termine. È un approccio, questo, tipico del CEIS. L’idea di un gruppo di accompagnamento che affianca le persone mentre attraversano periodi di difficoltà e resta un punto fisso, al quale si può fare riferimento in qualsiasi momento della propria vita, quando se ne sente la necessità”.