16 Maggio 2024
Home > Dipendenze patologiche > I percorsi multidisciplinari per madri e figli di Casa Mimosa
Cristina Codeluppi

di Cristina Codeluppi*

Mamme tossicodipendenti con figli, in stato di gravidanza o in attesa di ricongiungimento con il proprio bambino. Sono le donne che accogliamo qui a Casa Mimosa, a Modena.

Il servizio è aperto da circa trent’anni, inizialmente come “modulo”, anche se in spazi separati, quindi ha sviluppato e strutturato una propria identità, diventando Comunità terapeutica indipendente nel 2018.

Può accogliere 12 mamme e altrettanti bambini da 0 a 6 anni anche se talvolta, per necessità, l’età dei minori è più elevata.

I progetti terapeutici sono elaborati dai servizi invianti (Servizio Dipendenze Patologiche, Tribunale per i Minorenni e Servizio Sociale minori) insieme all’utente e alla Comunità.

Il monitoraggio del progetto terapeutico avviene con regolarità attraverso verifiche periodiche in presenza dell’équipe integrata e dell’ospite.

L’équipe multidisciplinare di Casa Mimosa è composta da varie figure professionali: dall’educatore allo psicoterapeuta, all’assistente sociale… Un insieme di operatori che “portano” la ricchezza della propria formazione e la integrano in una metodologia di Comunità femminile, così da garantire un’elevata qualità del servizio.

La richiesta alle donne che entrano da noi è alta, il percorso che proponiamo è complesso: ad un lavoro sul piano terapeutico si unisce un importante itinerario genitoriale.

Si chiede alle donne di lavorare su sé stesse e sul legame con il proprio figlio. Questo, non di rado, comporta un allungamento dei tempi del percorso rispetto ad altre unità terapeutiche.

L’obiettivo finale, infatti, è l’uscita dalla dipendenza e la costruzione di una vera relazione madre/bambino. Due livelli strettamente congiunti e inscindibili, dove l’emancipazione dalla tossicodipendenza è la premessa indispensabile per lo sviluppo di una genitorialità responsabile.


Il tempo è scandito dagli impegni della giornata. Di mattina, con i figli all’asilo o alla materna, ci si occupa degli aspetti terapeutici per la madre; il pomeriggio è dedicato alla costruzione e al rafforzamento del rapporto genitoriale e di relazione.

Presenza costante è quella dei volontari, preziosa sia per l’équipe, sia per le mamme e i bambini. Svolgono un’importante opera di servizio e di relazione, le funzioni affettive e materiali di un nonno o di zio, per così dire. Accompagnano le mamme ai tirocini nei posti di lavoro, stanno con i bambini se serve, affiancano gli operatori quando richiesto.

Con la Caritas abbiamo importanti momenti di collaborazione e di condivisione di proposte, e questo è molto arricchente anche per noi operatori, sia dal punto di vista della gestione delle dipendenze che di acquisizione di “saperi genitoriali”.

Il lavoro dell’équipe di Comunità è integrato da quello svolto dalla Associazione Profili di Bologna, attraverso percorsi psicoterapeutici dedicati alle singole mamme e di gruppo presso la struttura, oltre che tramite supervisioni all’équipe sui casi.

L’emergenza da coronavirus ha rappresentato un periodo lungo e complesso da affrontare; occorreva trasmettere la serietà e le difficoltà di quello che stava succedendo, l’importanza di essere prudenti e di usare i dispositivi di protezione e di vaccinarsi, la necessità di restare confinati in casa. La stanchezza si è unita al timore che i bambini potessero contagiarsi a scuola.

Ma inevitabilmente il virus è entrato a Casa Mimosa il secondo anno di pandemia, con tutte le mamme costrette in isolamento nelle camere con i loro bambini di pochissimi anni.

Oggi posso dire che ce l’abbiamo fatta con successo, la frustrazione non ha mai prevalso sulla speranza e la vita quotidiana è ripresa pressoché normalmente.

Il percorso terapeutico prevede tre fasi principali. La prima è quella di “inserimento”; si lavora prevalentemente sull’aiutare la mamma a capire in quale contesto si trova, le regole, la condivisione degli spazi, gli obiettivi. Dopo alcuni mesi si avvia il “percorso di trattamento”, dove si lavora sulla dimensione della tossicodipendenza. La terza fase, quella di “rientro” sul territorio, prevede il contatto con la realtà esterna in progressiva autonomia per la mamma con il proprio bambino. È la fase conclusiva, di indipendenza.

*Responsabile Comunità Casa Mimosa