inizio della storia del CEIS a Modena è legato indissolubilmente alla prima Comunità: La Torre. In realtà, per qualche mese la sede fu in provincia, a Lesignana, in una grande villa messa a disposizione da un volontario, ma il trasferimento avvenne a breve.
Di questo primo periodo pionieristico parlano due testimoni privilegiati. Le prime due operatrici del CEIS: Rosa Bolzon, oggi presidente della cooperativa sociale CEIS A.R.T.E. e Daniela Scrollavezza, già presidente del CeIS di Piacenza “La Ricerca”.
Rosa Bolzon: “Negli anni ’80 la droga era un’emergenza assoluta, fortemente legata al disagio, alla contestazione sociale, non si sapeva dove sbattere la testa. Assieme ad altri operatori, e a Padre Giuliano, siamo andati a Roma per un corso di formazione, durato sei mesi. A Modena abbiamo cominciato con una Comunità tradizionale, sul modello di quella di don Picchi: accoglienza, comunità, reinserimento erano le tappe del percorso. Il programma durava poco meno di due anni. La situazione si è poi evoluta rapidamente. ‘Cambiamento’ era la parola che più ricorreva ai nostri incontri. Per modificare, adeguare, rendere più efficaci gli interventi”.
Daniela Scrollavezza: “Quando aprimmo La Torre, nella sede attuale di via Poli, la Comunità aveva una struttura forte, piramidale. Gli operatori avevano molta responsabilità e potere, e altrettanta autorità. Fondamentale era il lavoro insieme. Essere autorevoli, rispettosi, dovevamo essere i primi a vivere quello che chiedevamo ai ragazzi: onestà, rispetto e responsabilità”.
Il fenomeno della tossicodipendenza, o meglio della dipendenza, è in continua evoluzione. Fin da subito fu quindi necessario operare adeguamenti che rendessero gli interventi efficaci rispetto ai bisogni del territorio. Questa continua osservazione e studio dell’evoluzione del fenomeno è una delle caratteristiche peculiari dell’esperienza della Fondazione CEIS. Ne parla Marco Sirotti, coordinatore dell’Area dipendenze. “È cambiato l’approccio culturale nei confronti di chi consuma, come il motivo per cui una persona arriva a una sostanza. Si sono modificate le sostanze e la tipologia di chi vi si avvicina per esaltare la propria emotività, le attività, le prestazioni. La nostra è una società che legittima l’uso di sostanze. Nel momento in cui tu non raggiungi un risultato, puoi avvalertene per centrare l’obiettivo. Donne e uomini, in maniera eguale, per rispondere a modelli estetici o prestazioni, cercano scorciatoie. Spesso anche i genitori, per sedare l’ansia dei figli, convinti di aiutarli a superare insicurezze e fragilità, non pongono sufficienti argini, anzi spesso favoriscono l’assunzione di sostanze, non conoscendo le conseguenze”.
“Aggiornamento permanente”, “studio dei bisogni” “rete coi servizi”: questi i tre grandi input per garantire percorsi sempre rispondenti ai bisogni delle persone.
Da qui il racconto di due esperienze particolari: la Comunità per madri con figli Casa Mimosa e il servizio per giocatori d’azzardo patologico “Scommetti su di te”.
Di Casa Mimosa e dell’impegnativo lavoro con le mamme e i loro bambini parla Cristina Codeluppi, responsabile della Comunità: “Si chiede alle donne di lavorare su sé stesse e sul legame con il proprio figlio. Questo, non di rado, comporta un allungamento dei tempi del percorso rispetto ad altre unità terapeutiche. L’obiettivo finale, infatti, è l’uscita dalla dipendenza e la costruzione di una vera relazione madre/bambino. Due livelli strettamente congiunti e inscindibili, dove l’emancipazione dalla tossicodipendenza è la premessa indispensabile per lo sviluppo di una genitorialità responsabile”.
Del GAP racconta Annamaria Barbieri, responsabile anche del servizio di accoglienza di Modena: “Sono stati formati dei gruppi per giocatori d’azzardo patologici in diversi territori, nel Modenese, a Parma e Bologna. I gruppi sono aperti, l’accesso è libero, sono dedicati ai giocatori e non hanno un termine. È un approccio, questo, tipico del CEIS. L’idea di un gruppo di accompagnamento che affianca le persone mentre attraversano periodi di difficoltà e resta un punto fisso, al quale si può fare riferimento in qualsiasi momento della propria vita, quando se ne sente la necessità”.