28 Marzo 2024
Home > Presente e futuro > La mia esperienza da amministratore, volontario e professionista “esterno”
Alberto Della Fontana

di Alberto Della Fontana*

Sono entrato in contatto con il CEIS nel 1993, quando a Modena si decise di aprire Casa San Lazzaro per ospitare malati di Aids, un fenomeno che allora incuteva molta paura. I residenti della zona cercarono di opporsi intentando una causa.

Padre Giuliano Stenico mi chiede di difendere il CEIS: vincemmo, e Casa San Lazzaro aprì proprio nel luogo dove è ancora adesso, trent’anni dopo.

Ero già socio CEIS quando lo stesso padre Giuliano mi invitò a diventare amministratore. Così, nel 2001, entrai a far parte di quel gruppo di persone, esterne al CEIS – professionisti, imprenditori, alcuni professori universitari – che nel tempo sono diventati a loro volta amministratori di questa realtà.

Siamo tutti amministratori volontari, e ci teniamo ad esserlo. Riteniamo sia un elemento qualificante della nostra collaborazione con il CEIS. Mettiamo a disposizione, come volontari, le nostre competenze professionali.

Quando arrivai, il CEIS era ancora un’associazione di volontariato. E scontava, come tutte le esperienze simili, una certa disorganizzazione. Nel tempo, l’evoluzione è stata profonda e ci siamo trasformati in un’impresa sociale. Oggi il CEIS è un gruppo di tante realtà, di cooperative, con anche una Fondazione; ha decine di sedi, centinaia di dipendenti e opera a livello regionale.

Due gli obbiettivi di riferimento. Il primo: un’amministrazione sana a livello economico; i bilanci del CEIS lo sono. Il secondo: un’amministrazione che rispetti appieno la legalità.

Tante volte in questi anni ci siamo interrogati sul tema, perché rispettare la legalità ha dei costi economici. Ma le decisioni sono sempre state conformi a questo principio. Ogni volta che si poneva un tema di applicazione di una legge, anche se costava, lo abbiamo sempre fatto. E ciò, nel tempo, ha pagato.

Il CEIS nasce come una realtà che ha a cuore le persone fragili; presto ci siamo resi conto che un altro aspetto, altrettanto fondamentale, era la cura delle strutture e della nostra organizzazione.

E, citando Giovanni Paolo II, così come c’erano le “strutture di peccato” si poteva ambire a creare “strutture di bene”. Questo è sempre stato il nostro orizzonte. E se ora, dopo quarant’anni, siamo qui, con certe caratteristiche, è perché abbiamo con coerenza seguito valori e prìncipi condivisi.

Nella nostra crescita abbiamo acquisito, dove operiamo, in alcune delle principali città dell’Emilia-Romagna, un ruolo e una visibilità pubblica che ci consente di essere interlocutori credibili delle istituzioni non solo come clienti o fornitori. Certo, gli enti pubblici stipulano con noi convenzioni per i servizi che ci chiedono di garantire, ma la nostra capacità progettuale va oltre, la mettiamo a disposizione delle città e in questo si esplica il nostro ruolo pubblico.

Un nostro valore aggiunto è la capacità di visione, di guardare sempre avanti, alle emergenze e alle nuove esigenze delle persone fragili, sempre più complesse e che necessitano di risposte ancora più professionali.

Come CEIS siamo riusciti, in questi anni, a dare “qualcosa” dove operiamo. Un valore aggiunto che ci viene riconosciuto, tanto che spesso sono le istituzioni stesse ad interpellarci sollecitando a trovare le risposte adeguate.

Un altro aspetto molto importante di tipo amministrativo che va sottolineato riguarda la realtà stessa del CEIS. Qui è ancora molto forte la presenza del “fondatore”, di padre Giuliano Stenico. Un uomo sempre propositivo, che non sta mai fermo. Ma quello che mi ha sempre colpito, in questi vent’anni di mia presenza al CEIS, è la capacità, dentro l’organizzazione, di assumere decisioni collegiali, in stretta relazione tra la parte direttiva interna del Gruppo, in primis padre Giuliano, e le professionalità esterne che sono state chiamate nel tempo a comporre gli organi amministrativi.

In altre realtà dove è altrettanto forte la presenza del “fondatore”, alla fine diventa lui il “padre padrone” che decide tutto. Al CEIS, non solo per la discrezione di padre Giuliano, ma anche per il modo in cui siamo organizzati, ho sempre l’impressione che le nostre decisioni non vengano mai imposte dall’alto, ma maturino dalla condivisione e dalla comune riflessione. In un clima virtuoso in cui si riescono a mettere assieme le competenze di chi lavora all’interno e vede i nuovi bisogni, propone esperienze innovative e l’avvio di Comunità e chi, come noi, pure da esterno, conosce le dinamiche del Gruppo e riesce in maniera efficace a mettere a disposizione la propria professionalità.

L’esperienza fatta risulta significativa non solo per ciò che abbiamo dato al CEIS, ma anche per quanto ricevuto. Considero il CEIS quasi come una seconda famiglia, anche se sono rigorosamente un volontario. Mi dà tantissimo e sono lieto di farne parte.

Gli scenari futuri? Il metodo che ci siamo dati è quello corretto: se saremo fedeli a questo e al ruolo che ricopriamo, continueremo a svolgere un compito per certi versi politico, inteso come attenzione alla polis. Proseguiremo nel portare azioni e servizi di cura e di rispetto delle persone, dei più deboli, di quelli che una volta erano chiamati gli ultimi. Potremo continuare a svolgere questo compito nelle città, caratterizzate spesso da una crisi della rappresentanza politica; non per un ruolo di supplenza, perché i compiti sono diversi, ma come CEIS  sapremo essere portatori di idee e progetti con una forte valenza pubblica.

*Vice Presidente Fondazione CEIS