21 Settembre 2024
Home > Case accoglienza HIV > Da stilista di moda a Casa San Lazzaro, per riscoprire i valori che avevo dentro
Fiorella Cavazzi

di Fiorella Cavazzi*

Ho conosciuto Casa San Lazzaro nel 1991, quando aprì. Mi colpì subito il fatto che quelle persone fossero troppo ai margini della vita di tutti. Ero nella moda allora, facevo la stilista. Decisi per un cambiamento radicale, fu una scelta meditata.

Non c’era la fila per lavorare a Casa San Lazzaro, mi hanno assunta praticamente subito. Da quel momento la mia vita è cambiata. Mi sono diplomata infermiera nel ‘97 e poi ho preso il titolo di Educatrice in Scienze della Formazione.

Nel CEIS e nella Casa ho trovato i valori che avevo dentro. Qualcosa che la giovinezza aveva in qualche modo sepolto. Crescendo sentivo questa necessità di dare un significato diverso alla mia vita, a quello che facevo, ai gesti della mia giornata. E così è stato.

Ho avuto la fortuna di avere vicino tante persone che mi hanno insegnato il mestiere. Ho scoperto la vera relazione con l’altro, con chi ha bisogno e con i colleghi di vita quotidiana. Relazioni fondate su onestà, sincerità, bellezza nello scambiarsi le esperienze.

Casa San Lazzaro è un ambiente che obbliga a guardarti allo specchio. A fare scelte personali, a prendere una posizione con te stessa. Se seguire questa strada o lasciarla.

Ho deciso di perseguirla ed è stata una crescita interiore importante, passata anche attraverso dubbi e interrogativi. Ancora oggi sono convinta di avere fatto la scelta giusta e ringrazio di avere avuto questa opportunità.

Da ragazzina che ero, sono cresciuta e diventata adulta a Casa San Lazzaro. Tanti anni di persone che sono passate da qui, colleghi e ospiti, lasciano il segno. Li ricordo praticamente tutti, ciascuno mi ha dato qualcosa e spero di aver fatto altrettanto. E di continuare a farlo.

La bellezza della Casa è che ti prendi cura della persona a 360 gradi. Sfugge spesso il fatto che ci troviamo di fronte a persone che hanno malattie importanti, ma è soprattutto la mancanza di una vita con relazioni positive che affrontiamo e che costruiamo insieme.

Il “Progetto Uomo” è il nostro riferimento: guardiamo alla persona nel suo complesso, alla malattia e alle fragilità che presenta, valorizzando nel contempo le sue risorse e le tante potenzialità. Creiamo un ambiente familiare perché tante persone che sono qui la famiglia non ce l’hanno; promuoviamo armonia, senso di appartenenza, complicità.

Le persone, anche quando concludono il “programma” e vengono dimesse, trovano lavoro, casa e si fanno una famiglia, tornano spesso a trovarci. Per loro è importante mantenere i contatti. E così per noi.

A Casa San Lazzaro non ci sono tempi prefissati. Quando la persona è pronta per affrontare l’esterno e un percorso di reinserimento sociale e lavorativo, solo allora va… Noi lasciamo il tempo che serve a ciascun ospite.

Casa San Lazzaro può accogliere 15 persone in regime residenziale e due in semi-residenziale, che passano parte della giornata qui e poi rientrano a casa. Abbiamo anche un appartamento protetto con quattro posti per persone che, attraverso un percorso di autonomia e riabilitazione, possono cominciare a sperimentarsi anche all’esterno.

Il nostro è un lavoro d’équipe, siamo in 13 tra operatori, infermieri, educatori, operatori socio-assistenziali e una cuoca bravissima.

L’utenza è varia: persone che hanno bisogno di un’assistenza continua, allettate, che rimangono a Casa San Lazzaro tanto tempo. Semi-abili, che vanno accompagnati nelle varie attività, chi ha avuto delle complicanze da HIV, come la demenza HIV correlata, o persone che possono avere una “doppia diagnosi” e a cui diamo sostegno nelle varie situazioni.

Poi abbiamo le persone abili. Hanno un’esperienza in genere legata alla dipendenza da sostanze e sempre presentano qualche patologia. Oltre a un percorso di tipo sanitario, ce n’è uno di tipo riabilitativo, di accompagnamento nel passaggio all’appartamento protetto e nella ricerca di un lavoro.

Da sempre cerchiamo di essere aperti all’esterno con attività e laboratori. Il primo dicembre, per esempio, Giornata Mondiale a favore dei malati di Aids, in più occasioni abbiamo creato laboratori teatrali che potessero trasmettere alla cittadinanza e alle scuole la nostra identità, per farci conoscere e far diminuire il timore verso la nostra struttura. Per anni nessuno voleva avvicinarci, oggi la paura è molto diminuita e questo consente di presentare all’esterno la bellezza delle nostre esperienze.

La struttura è cambiata e si è molto evoluta negli anni, non occupandosi più soltanto di chi è affetto da Aids. Molti ospiti di oggi sono qui da sempre e vivono l’Aids come una malattia cronica, ma accogliamo anche persone con tempi di permanenza ben definiti, legati ad esigenze di recupero della salute, per terapie o perché privi di una rete sociale significativa.

Abbiamo vissuto mesi complessi a causa dell’emergenza Covid: una prima chiusura, la riorganizzazione delle attività, le preoccupazioni per gli ospiti, persone fragili, immuno-depresse, spesso con patologie associate, e per la salute degli operatori e dei loro familiari.

Ora si intravvede un futuro meno impervio e siamo fiduciosi. Questo periodo così difficile, ed è stata questa la vera sorpresa, ha in realtà fanno nascere relazioni tra ospiti e personale ancora più profonde.

*Responsabile Casa Alloggio San Lazzaro