25 Aprile 2024
Home > Adolescenti e minori > La mia famiglia “allargata e accogliente”, un’esperienza indimenticabile
Francesca Mazzi

di Francesca Mazzi*

Nella storia del CEIS, le Case Famiglia occupano un posto significativo. Vi racconto qui la mia esperienza. Dal 2002 al 2016, come “adulta accogliente” ho abitato in una Comunità familiare del CEIS, la “Faretra 1”.

Parliamo della prima Casa Famiglia, nata nel 1994 per un’intuizione di padre Giuliano Stenico.

In realtà, nello stesso cortile, parte del complesso Paride Colfi, erano presenti due Case Famiglia. Zaira e Carlo, con i loro figli, diedero vita alla prima famiglia accogliente. Risale quindi al 1999 la ristrutturazione de la “Faretra 2”: furono Pia e Marco, assieme ai figli, a iniziare lì le accoglienze.

Nel giugno 2002 tocco a me, con mio marito Vittorio e i nostri bambini. Fino al 2016 abbiamo accolto 14 minori, dai 5 ai 17 anni.

Una Casa Famiglia, va specificato, è una Comunità dove vivono un nucleo familiare con figli o una coppia presso i quali, attraverso l’invio da parte dei servizi sociali, vengono accolti bambini e preadolescenti provenienti da situazioni familiari di alta conflittualità e disgregazione e con disattenzione educativa.

Si propone come alternativa rispetto ad altre forme di Comunità minori, per offrire “un ambiente rassicurante e familiare caratterizzato dalla stabilità di figure adulte di riferimento”.

L’obiettivo è accrescere l’autostima e l’autonomia dei minori, anche in vista di un rientro nella famiglia d’origine, promuovendone nel contempo l’inserimento nel tessuto sociale.

Quando padre Giuliano ci rivolse la richiesta, noi facevamo già parte di un gruppo che si stava interrogando su cosa volesse dire essere famiglie accoglienti.

Ci chiese, in maniera naturale, se all’interno del gruppo ci fosse qualcuno disponibile ad avviare concretamente questa esperienza. Di fare un passo in più, una scelta di vita concreta.

Con mio marito, probabilmente in modo anche un po’ inconsapevole, accettammo dunque la proposta e ci trasferimmo insieme ai nostri due figli e al terzo di cui ero in attesa, nato appunto in Faretra nell’agosto 2002.

Dei ragazzi accolti c’è chi è rimasto con noi un anno, chi di più; uno è rimasto anche terminata l’esperienza de la “Faretra”, sino ai 25 anni quando poi è andato a vivere da solo.

È difficile raccontare cosa sono stati questi 14 anni. Abbiamo ricevuto tantissimo, sofferto tantissimo, tutti i bambini che sono arrivati hanno portato gioie e dolori che abbiamo condiviso.

Tutte esperienze molto forti e coinvolgenti per la nostra famiglia, impossibili da dimenticare.

Abbiamo imparato a porre l’attenzione alla persona nel suo complesso e non solo alla sua sofferenza e alla sua difficoltà, imparando a vedere nell’altro la risorsa che invariabilmente ha in sé.

Ogni donna e ogni uomo, quindi anche ogni bambina o bambina, hanno qualcosa in più di una vita di sofferenza e privazioni: la propria umanità e le proprie risorse personali sono i primi e fondamentali elementi che entrano nella casa che li accoglie e si mettono in relazione con la famiglia che vive con loro, una relazione che sostiene, dà forza e, a volte, cura.

*Vice responsabile Comunità madre-bambino Piccola Città“Famiglia accogliente” dal 2002 al 2016