20 Aprile 2024
Home > Adolescenti e minori > “C’è da aprire una Comunità minori legata al carcere di Bologna, sei la persona adatta…”
Isauro Galavotti

di Isauro Galavotti*

Alla fine degli anni Novanta ero operatore da due anni presso Casa San Lazzaro e – in sostituzione occasionale dell’allora responsabile, Rosa Bolzon, assente per cause di forza maggiore – partecipavo ad una riunione quando accadde l’imprevedibile, almeno per me.

Padre Giuliano Stenico disse: “Il Ministero di Grazia e Giustizia ci chiede di aprire una Comunità per minori legata all’esperienza del carcere minorile di Bologna…”.

Una zelante collega subito aggiunse: “Si può fare, Isauro è la persona adatta…”.

Qualcuno potrebbe chiamarlo spirito di obbedienza, altri identificarlo come “marchio CEIS” di disponibilità, fatto sta che, pur sentendomi (e dichiarandomi) totalmente inadeguato, accettai, rassicurato dal fatto che sarei stato “seguito e assistito molto da vicino” dall’allora presidente della nostra Cooperativa Operatori, Boze Klapez.

Cominciai questa nuova esperienza assieme a Vittorio Reggiani e ad altri operatori che peraltro non conoscevo, reperiti attraverso una selezione. Tra questi, che ringrazio, Lorella Canedoli, Michelina Del Bene, Federica Benassi, Chiara Vallini, Silvia Dondi, Luigi Guagnano, Marco Dondi… senza dimenticare il prezioso sostegno dei padri Dehoniani, in particolare di padre Marcello Matté.

I Dehoniani di Bologna misero immediatamente a disposizione dei locali presso Il Villaggio del Fanciullo. Padre Giuliano mi rassicurò ulteriormente: “Sei il portatore di questa nuova esperienza, c’è bisogno di una persona su cui so di poter contare perché conosci il CEIS”.

Erano ormai quindici anni che lavoravo lì, dunque effettivamente conoscevo il Centro, a chi far riferimento e a chi eventualmente chiedere sostegno.

I ragazzi che venivano dal carcere minorile erano inviati lì per un fare un’esperienza di Comunità educativa. Alle spalle avevano reati non troppo gravi. Ci si adoperava per poterli “recuperare”.

Noi portammo l’esperienza maturata nelle nostre Comunità. Proponemmo dunque a quei ragazzi, in maggioranza stranieri, un modello di intervento fortemente educativo. Mutuato da quello del CEIS di Modena e legato all’elaborazione del “Progetto Uomo”.

La mia permanenza lì durò circa due anni.

Funzionò? Credo di sì. Tanto che la presenza in Comunità fu allargata anche a minori inviati dai servizi sociali e ben presto si aprirono altre comunità minori, tanto che oggi costituiscono una delle principali attività del CEIS.

*Operatore storico CEIS, già Presidente Cooperativa Sociale Sole (poi CEIS A.R.T.E.)