24 Aprile 2024
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La Comunità La Barca, che oggi si trova nel complesso di Cognento dedicato a Roberto Ferrari, già volontario e vice presidente della Fondazione, è stato il primo servizio CEIS non legato alle tossicodipendenze.

Aperta nel giugno 1997, come ci racconta Boze Klapez che ne fu responsabile fino al 2003, accoglieva pazienti dismessi dall’ Ospedale Psichiatrico di Reggio-Emilia e dall’Ospedale Psichiatrico Giudiziario della medesima città. “In ospedale i ragazzi venivano trattati da pazienti e curati da specialisti. In Comunità erano considerati ‘persone attive’, sostenuti da personale dedicato ma chiamati ad essere responsabili”.

L’idea che animava il progetto era rendere gli ospiti protagonisti della loro vita. Animati dallo spirito della Legge Basaglia e convinti che il principio di “Progetto Uomo” della centralità della persona nella costruzione del suo percorso di cura potesse essere applicato anche oltre le dipendenze, ci si adoperò, come narra Boze, a far sì che gli ospiti assumessero un ruolo centrale, riempiendo di significato il tempo trascorso in Comunità. “Le giornate erano piene, l’aggressività degli ospiti diminuiva. Nell’arco di sei mesi la farmacoterapia calò in maniera sensibile. Perché le persone cominciavano a stare meglio, a dare un senso a sé stessi e alla loro vita”.

Oggi La Barca è una Residenza accreditata al Servizio Sanitario Regionale: da “luogo di vita” si è trasformata in “luogo di riabilitazione”.

Il compito dell’équipe multiprofessionale che opera con gli ospiti è quello di aiutarli a “riacquisire un ruolo sociale all’interno della comunità tenendo conto della propria patologia”, come spiega Stefano Carafoli, responsabile della struttura e operatore della Barca da 25 anni: “È un processo di recovery e quindi di guarigione che non parla dell’assenza del sintomo, ma di un nuovo equilibrio”.

Quel nuovo equilibrio che con impegno sta cercando Luana, tra i piccoli compiti in Comunità e le relazioni con l’esterno.