Giuliano Stenico: La mia vita con il CEIS

Intuizioni di bene

Il destino ha intrecciato la mia esperienza personale con la storia di una moltitudine di persone che hanno segnato gli oltre 40 anni del nostro Centro.

Un patrimonio spirituale, culturale e di esperienze in cammino, per mantenere aperta la tensione verso il bene possibile.

Testi e testimonianze del libro Intuizioni di Bene, oltre ad alcuni inediti, sono qui riportati.

 

 

 

Introduzione

Il perché di questo sito, e del libro Intuizioni di Bene, sta tutto qui: ripercorrere la storia del CEIS per evidenziarne la visione, le aspirazioni, i desideri, gli ideali, le motivazioni, lo stile e l’approccio che hanno consentito il suo sviluppo, la solidità e la coerenza.

L’intento è risaltare il messaggio che la sua presenza può trasmettere grazie alla capacità di non appiattirsi sul fare, ma di mantenere aperta la tensione verso il bene possibile, nonostante i limiti, le insufficienze, le contraddizioni e i paradossi inevitabili per un’istituzione che opera in ambiti così complessi.

L’attività riflessa in questi scritti è quindi frutto della collaborazione umana, personale e professionale di una moltitudine di amici, operatori, collaboratori che mi hanno affiancato in tutti questi anni con enorme coinvolgimento e che ringrazio.

Nutro la speranza che le finalità, la sensibilità e le modalità relazionali intessute tra i responsabili dell’organizzazione, gli operatori e gli ospiti non solo permangano, ma possano implementarsi.

Del resto, l’attitudine e la capacità di sintonizzarsi con i bisogni diversificati ed emergenti delle persone fragili ci stimola continuamente.

I disagi sono il riflesso delle difficoltà e delle incongruenze dello stile di vita contemporaneo: la crescita esponenziale del fenomeno degli isolati sociali, degli adolescenti con disagio psicologico e relazionale rilevante, delle persone sottoposte ad attacchi di panico e di chi è affetto da disturbi alimentari ne sono espressione.

Prefazione

Il tratto umano di padre Giuliano sa unire ascolto e dialogo, fermezza e sensibilità, donando senso di accoglienza e comunità.
Con passione, intelligenza e la motivazione evangelica di restituire l’altro a se stesso.
Non in un carcere né in un albergo, ma in comunità.
I banditi avevano portato via metà della vita a una persona che era mezza morta.
Ci vogliono paternità e fraternità per restituire quella parte di vita che i banditi avevano derubato…

Monsignor Matteo Maria Zuppi
Arcivescovo di Bologna e Presidente CEI

Testo completo

Racconti dal CEIS

Dalle radici familiari e l’infanzia alla costruzione del Centro, oggi Fondazione CEIS ONLUS, e la sua evoluzione sino ai giorni nostri, padre Giuliano Stenico descrive come la sua formazione religiosa, influenzata dal Concilio Vaticano II, lo abbia portato a vedere la spiritualità come un impegno attivo nella condivisione dei bisogni e delle responsabilità verso i più fragili: le esperienze della sua vita hanno plasmato la visione e l’approccio al servizio degli altri.

Conclusioni

Ascolto, coinvolgimento e condivisione di problematiche, di profondi disagi e sofferenze poco gestibili sono state le fondamenta, sin dal principio, dell’agire educativo del CEIS. Le molteplici risposte, rielaborate nel tempo, nascono da un linguaggio comune, proprio del nostro approccio; da assunti, condivisi e praticati, che assicurano connessione, coerenza, appropriatezza degli interventi pur in ambiti così diversificati.

L’agire educativo nel CEIS:
chi accogliamo e come

Le persone accolte sono co-attrici e corresponsabili nel processo di cambiamento, considerate nella loro dimensione individuale, relazionale e sociale, non solamente destinatarie dei progetti.
Persone riconosciute nella loro dignità e specificità, ascoltate nelle esigenze, accompagnate nel tempo.
Il “lavoro di comunità” prevede la costruzione di contesti relazionali fondati su ascolto, empatia, contenimento, coinvolgimento, condivisione, confronto, partecipazione, assunzione di responsabilità e attitudine al cambiamento.

La dottrina sociale della Chiesa
come modello di riferimento

L’origine, l’ispirazione e l’approccio del CEIS sono costituiti dall’attitudine al prendersi cura, che indica la decisione personale e comunitaria di lasciarsi interpellare dall’esistenza dell’altro in ogni situazione e, particolarmente, quando vive stati di bisogno, disagio, devianza, privazione, sofferenza e solitudine.
È un atteggiamento che comporta un atto di fiducia nella ricchezza della propria umanità, intesa come la capacità di sentire, capire, accogliere, condividere, amare, sostenere, accompagnare propensioni e disposizioni proprie di ogni essere umano.

Promuovere l’inclusione e attivare
il capitale sociale

In un contesto sociale dove la progressiva frammentazione delle esperienze di vita e la segmentazione dei rapporti sociali producono una vera e propria emergenza relazionale, che provoca disorientamento e instabilità anche nella cosiddetta normalità, diventa urgente promuovere riferimenti solidali e sentirsi responsabili della qualità della vita civile.
La pazienza e l’attesa sono qualità indispensabili per una vita veramente democratica.
Sono dimensioni proprie della prassi non violenta, l’unica che ha dimostrato di dare risultati nei tempi lunghi.

Testimonianze

“Quello che il CEIS rappresenta è uno spazio di libertà, che si realizza recuperando persone affette da tante dipendenze: perché restituisce la possibilità di scegliere e di costruire la propria vita, e quindi dignità. Libertà, uguaglianza, fraternità: questi tre valori tornano sempre nell’attività del CEIS.
Le dipendenze riducono fortemente la libertà e la dignità della persona: è come trovarsi al guinzaglio e l’opera del CEIS contribuisce a eliminare questo guinzaglio.
La disuguaglianza è poi motivo di povertà ed esclusione sociale, anche qui il CEIS contribuisce alla crescita sociale.
La fraternità, infine, è il cuore che si mette per rendere concreta la libertà e l’uguaglianza e il CEIS la mette in pratica attivando reti ad ogni livello, tra le famiglie, gli operatori e le comunità dei territori in cui opera; così si attivano nelle persone le risorse, le zone buone, in qualsiasi condizione esse si trovino”.

Monsignor Erio Castellucci, Arcivescovo di Modena-Nonantola